MY CHRONICLE
LA CANZONE DEL GIORNO
"Sorrow" (The National)
Il dolore mi trovò quando ero giovane
Il dolore aspettò, il dolore vinse
Il dolore loro me lo mettono nella pillola
E’ nel mio miele, è nel mio latte
Non lasciare il mio cuore iperattivo da solo sull’acqua
Ricoprimi di brandelli e resti di comprensione
Perchè non voglio farla finita con te
Non voglio farla finita con te
Il dolore è il mio corpo sulle onde
Il dolore è una ragazza dentro la mia torta
Vivo in una città costruita di dolore
E’ nel mio miele, è nel mio latte
Non lasciare il mio cuore iperattivo da solo sull’acqua
Ricoprimi di brandelli e resti di comprensione
Perchè non voglio farla finita con te
Non voglio farla finita con te
IL MECCANICO DELLA TOPA
Non stavo proprio
alla canna del gas, ma tanto per non farmi trovare impreparato mi
allenavo di giorno con la marmitta della berlina del Capo e di sera
con i miei camperos.
Le mie condizioni economiche seguivano passo passo quelle psicologiche e il quadro generale era da inginocchiati e prega o grattati le palle e bestemmia. Insomma, da schifo.
Le cose cambiarono quando il Jeppo scavalcò il bancone, si sistemò il ciuffo a banana e strizzandomi l’occhio mi allungò un biglietto da visita.
E così dopo soli due giorni ero alle dipendenze del Meccanico della Topa, il più rinomato pappone della città.
Non mi è mai piaciuto abusare delle donne ma queste però erano puttane.
E a essere sincero non mi sono mai piaciuti neppure i papponi ma questo Meccanico della Topa aveva davvero una marcia in più. Era proprio di un’altra categoria.
Accidenti, rimetteva a posto qualsiasi vecchia baldracca.
Se le caricava sulla roulotte, gli dava un paio di botte e queste nel giro di dodici/quindici, massimo diciotto ore rifiorivano dimostrando venti/venticinque anni di meno.
Non riuscii mai a capire come diavolo facesse.
Anche perché a ben vedere il suo piffero non era davvero niente di straordinario.
Fatto sta che con tutte queste plusvalenze, prendeva a zero e rivendeva a venti, faceva un casino di bigliettoni.
Entrai nel giro del Meccanico della Topa proprio al momento giusto.
Gli affari andavano una meraviglia e lui non riusciva a tenere a bada tutte quelle gallinelle.
E così mi affidò un pullman, una mappa e una frusta.
Io e sedici puttane in giro per la regione, per vallate, fossi e argini.
Arrivavo in un posto, studiavo la situazione e poi le sguinzagliavo.
Loro si davano, io le proteggevo.
Quando qualcosa non andava, sapevo bene come farle andare: a forze di botte, di ricatti o di frustate.
Il casino era quando scendevamo al sud con tutti quei bifolchi e rubagalline.
C’erano più ubriaconi e sdentati lì che nelle foto segnaletiche di dodici Centrali messe insieme.
Comunque mi sentivo tipo una rockstar in tournée. Tre mesi filati di questo passo.
Tornai carico di grana ma anche di stanchezza.
Vedere fica tutti i giorni è un’esperienza che auguro soltanto ai maniaci sessuali.
Non so, credo che solo un surfista potrebbe capirmi perché è come entrare in un’onda anomala e non sapere come venirne fuori.
Mi riposai due settimane e poi via con un nuovo carico.
Stessa storia: sdentati, ubriaconi, cazzotti, fica, frustate, autostrade, ricatti, fossi e strade provinciali.
Al ritorno stesso risultato: grana a palate e stanchezza disumana.
Ero veramente a pezzi e con tanti di quei soldi da poter stare con le chiappe coperte per minimo due annetti buoni.
Insomma, era arrivata l’ora di darci un taglio e di rientrare nella categoria del mi sveglio quando lo decidono i miei occhi.
Al Meccanico della Topa gli dissi amico, io di questo circo mi sono un po’ stufato.
Mi rispose ti capisco ma, per favore, coprimi solo un altro giro, solo un altro. L’ultimo.
Mi rimisi in marcia con un nuovo carico di puttane.
Ormai anche le tette mi davano il voltastomaco. Mi salvavo pensando che la fine era ormai vicina o attaccando il naso all’Arbre Magic che penzolava davanti al parabrezza.
A sud oltre agli ubriaconi e agli sdentati ci imbattemmo anche in un gruppo di Testimoni di Geova sotto anfetamine.
E’ stato un incontro strano, quasi scioccante perché per la prima volta li ho visti fottere qualcuno senza aprire bocca o promettergli qualcosa.
Al ritorno era davvero a pezzi.
Gli affari erano andati benissimo ma io ero davvero a pezzi.
Strinsi la mano al Meccanico della Topa, lo ringrazia e mi andai a prendere una birra dal Jeppo.
Due ore dopo mi ritrovai nudo, stretto e abbracciato a un camionista tra i cigolii della sua branda ribaltabile e calendari di modelle ormai molto probabilmente arterosclerotiche o in stato di decomposizione.
E così, amico mio, dammi retta.
Fai come certi tennisti, come certi avvocati, come certi calciatori, come certi killer: smetti quando sei all’apice, smetti quando capisci che è ora di smettere perché altrimenti sono cazzi, cazzi veri.
E pure belli duri.
Le mie condizioni economiche seguivano passo passo quelle psicologiche e il quadro generale era da inginocchiati e prega o grattati le palle e bestemmia. Insomma, da schifo.
Le cose cambiarono quando il Jeppo scavalcò il bancone, si sistemò il ciuffo a banana e strizzandomi l’occhio mi allungò un biglietto da visita.
E così dopo soli due giorni ero alle dipendenze del Meccanico della Topa, il più rinomato pappone della città.
Non mi è mai piaciuto abusare delle donne ma queste però erano puttane.
E a essere sincero non mi sono mai piaciuti neppure i papponi ma questo Meccanico della Topa aveva davvero una marcia in più. Era proprio di un’altra categoria.
Accidenti, rimetteva a posto qualsiasi vecchia baldracca.
Se le caricava sulla roulotte, gli dava un paio di botte e queste nel giro di dodici/quindici, massimo diciotto ore rifiorivano dimostrando venti/venticinque anni di meno.
Non riuscii mai a capire come diavolo facesse.
Anche perché a ben vedere il suo piffero non era davvero niente di straordinario.
Fatto sta che con tutte queste plusvalenze, prendeva a zero e rivendeva a venti, faceva un casino di bigliettoni.
Entrai nel giro del Meccanico della Topa proprio al momento giusto.
Gli affari andavano una meraviglia e lui non riusciva a tenere a bada tutte quelle gallinelle.
E così mi affidò un pullman, una mappa e una frusta.
Io e sedici puttane in giro per la regione, per vallate, fossi e argini.
Arrivavo in un posto, studiavo la situazione e poi le sguinzagliavo.
Loro si davano, io le proteggevo.
Quando qualcosa non andava, sapevo bene come farle andare: a forze di botte, di ricatti o di frustate.
Il casino era quando scendevamo al sud con tutti quei bifolchi e rubagalline.
C’erano più ubriaconi e sdentati lì che nelle foto segnaletiche di dodici Centrali messe insieme.
Comunque mi sentivo tipo una rockstar in tournée. Tre mesi filati di questo passo.
Tornai carico di grana ma anche di stanchezza.
Vedere fica tutti i giorni è un’esperienza che auguro soltanto ai maniaci sessuali.
Non so, credo che solo un surfista potrebbe capirmi perché è come entrare in un’onda anomala e non sapere come venirne fuori.
Mi riposai due settimane e poi via con un nuovo carico.
Stessa storia: sdentati, ubriaconi, cazzotti, fica, frustate, autostrade, ricatti, fossi e strade provinciali.
Al ritorno stesso risultato: grana a palate e stanchezza disumana.
Ero veramente a pezzi e con tanti di quei soldi da poter stare con le chiappe coperte per minimo due annetti buoni.
Insomma, era arrivata l’ora di darci un taglio e di rientrare nella categoria del mi sveglio quando lo decidono i miei occhi.
Al Meccanico della Topa gli dissi amico, io di questo circo mi sono un po’ stufato.
Mi rispose ti capisco ma, per favore, coprimi solo un altro giro, solo un altro. L’ultimo.
Mi rimisi in marcia con un nuovo carico di puttane.
Ormai anche le tette mi davano il voltastomaco. Mi salvavo pensando che la fine era ormai vicina o attaccando il naso all’Arbre Magic che penzolava davanti al parabrezza.
A sud oltre agli ubriaconi e agli sdentati ci imbattemmo anche in un gruppo di Testimoni di Geova sotto anfetamine.
E’ stato un incontro strano, quasi scioccante perché per la prima volta li ho visti fottere qualcuno senza aprire bocca o promettergli qualcosa.
Al ritorno era davvero a pezzi.
Gli affari erano andati benissimo ma io ero davvero a pezzi.
Strinsi la mano al Meccanico della Topa, lo ringrazia e mi andai a prendere una birra dal Jeppo.
Due ore dopo mi ritrovai nudo, stretto e abbracciato a un camionista tra i cigolii della sua branda ribaltabile e calendari di modelle ormai molto probabilmente arterosclerotiche o in stato di decomposizione.
E così, amico mio, dammi retta.
Fai come certi tennisti, come certi avvocati, come certi calciatori, come certi killer: smetti quando sei all’apice, smetti quando capisci che è ora di smettere perché altrimenti sono cazzi, cazzi veri.
E pure belli duri.
Dimenticavo,
sono giorni che non mangio e che non mi guardo allo specchio.
E non ricordavo, sono giorni che non faccio altro che pensare a me stesso.
IL CASO DEL SIGNOR P (50x100)
IL MIO GATTO
Il mio gatto non
viene allo stadio, non fa la fila al supermercato e
non segue
l'oscillare di sederi pieni e rotondi.
Il mio gatto non fa manovra,
non risponde al telefono e non maledice il citofono.
Il mio gatto non
perde le ore in stupide giustificazioni, inutili recriminazioni
e non
ha a che fare con critici letterari,
benzinai, promotori finanziari,
vigili urbani, psichiatre e condomini.
Il mio gatto non conosce le
leggi, le mie ex, la mia calligrafia, le simulazioni di Inzaghi, il
sarto sotto casa e il falsetto di Prince.
Il mio gatto sta bene così.
LA CANZONE DEL GIORNO:
"Stadium Arcadium" (RHCP, 2006)
Stranger things have happened
Both before and after noon (before and after noon)
Well I'm forming and I'm warning
Pushin' myself
And no I don't mind asking
Now
LA CANZONE DEL GIORNO
"Nothing is forgotten or forgiven,
when it's your last time around,
I got stuff running 'round my head
That I just can't live down"
("Something in the night", Bruce Springsteen, 1978)
FINO ALL'ALBA
Non ho vinto e non ho perso.
E' stato tutto e solo uno scialbo pareggio.
Fuori il giorno è un pugile alla corde sputacchiante sangue e sconfitte.
La sera gli darà l’ultimo gancio e lo costringerà al ritiro.
Ognuno ha quel che si merita.
Sono nella lista.
Avrei
bisogno di un sonnifero, una P38 o di una puttana simpatica.
Osservo
la mia ombra allungarsi sul pavimento e sfiorare il letto.
E' stato tutto e solo uno scialbo pareggio.
Fuori il giorno è un pugile alla corde sputacchiante sangue e sconfitte.
La sera gli darà l’ultimo gancio e lo costringerà al ritiro.
Ognuno ha quel che si merita.
Sono nella lista.
Avrei
bisogno di un sonnifero, una P38 o di una puttana simpatica.
Sono
così stanco di me che quando mi guardo allo specchio faccio finta di
essere un altro.
Quando cominci a vivere all’Inferno ti andrebbe
bene anche il Paradiso.
In tutta sincerità avrei bisogno di un
pit-stop in Purgatorio, giusto il tempo di riflettere un po’.
Giusto il tempo di risolvere un paio di cose.
Osservo
la mia ombra allungarsi sul pavimento e sfiorare il letto.
MIRA
Quando
la chiamavo fingeva di non sentire, ma arrivava un po' dopo
quando poteva sembrare che avesse deciso di venire spontaneamente.
(Arthur Weigall)
quando poteva sembrare che avesse deciso di venire spontaneamente.
(Arthur Weigall)
COLPEVOLE
Quello che invidio alla gente è solo l'arte di prendersi davvero sul serio
di credere sempre in tutto ciò in cui credono
di giurare anche su tutto ciò in cui non hanno mai creduto.
Quando uscirò da qui avrò il cuore più ammaccato di uno sportello
e la fiducia più moscia di un pisello dopo due ore di piscina.
di credere sempre in tutto ciò in cui credono
di giurare anche su tutto ciò in cui non hanno mai creduto.
Quando uscirò da qui avrò il cuore più ammaccato di uno sportello
e la fiducia più moscia di un pisello dopo due ore di piscina.
IL TIPO & IL CONNETTIVISMO
Il tipo mi parla di connettivismo, il tipo n'è
convinto: il cyber punk è morto.
Stessa fine del rock, proprio
identica. Spiccicata.
Io mi guardo intorno, maledico il momento in
cui sono uscito di casa e
mi chiedo se sto tipo riesce a fottere
donne senza viti in fronte, cosce ferrate e tette d'alluminio.
Il tipo si ferma e
mi fa, ehi, ti sto annoiando?
Io no, tranquillo, mi hai già ucciso.
Ora sono come il rock, come il cyber punk, ma proprio identico.
Spiccicato.
FOREVER (80x120)
Non sopporto i miei pensieri.
Gli concedo un altro paio di giorni e poi li anniento con un plotone di sonniferi.
Non sopporto la mia donna.
Le regalo un ultimo week-end e poi scappo col mio cane zoppo.
Amico, dammi retta, sono solo quattro le cose che non ti abbandoneranno mai:
Elvis, la squadra del cuore, la depressione e le lucine di Natale.
www.pierbo.com
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POCO MA SICURO
Le migliori famiglie sono quelle dei
cani.
Dopo un paio di mesi chi si è visto si è visto, un’annusata di culo e
via ognuno per la sua strada, verso la sua storia.
Aspetto Nicole fuori da un outlet.
Intorno a me nient’altro che caldo, parcheggi deserti e zingari con licenza di rompere i coglioni.
Me ne accendo un’altra e penso a quando le cose andavano persino peggio di adesso.
Poco ma sicuro, sono le responsabilità a uccidere un uomo.
Aspetto Nicole fuori da un outlet e m’immagino ricoperto di ghiaccio in una discarica di materassi.
Ciò che mi ha rovinato sono dritte sbagliate, consigli da offerta speciale
e la scarsa fiducia in me stesso.
Quando le cose andavano di schifo c’era almeno la consapevolezza che peggio non potessero andare, ora c’è la certezza che tanto meglio non può finire.
Spengo l’aria condizionata e immagino di sdraiarmi su un canotto sgonfio.
Aspetto Nicole fuori da un outlet e mi faccio la riga verso destra per pensarmi diverso.
Poco ma sicuro, sono le promesse mantenute a uccidere un uomo onesto.
Aspetto Nicole fuori da un outlet, intorno a me nient’altro che me.
La fuga è tutto ciò che ti rimane quando non hai più il coraggio di fuggire da te stesso.
Dopo un paio di mesi chi si è visto si è visto, un’annusata di culo e
via ognuno per la sua strada, verso la sua storia.
Aspetto Nicole fuori da un outlet.
Intorno a me nient’altro che caldo, parcheggi deserti e zingari con licenza di rompere i coglioni.
Me ne accendo un’altra e penso a quando le cose andavano persino peggio di adesso.
Poco ma sicuro, sono le responsabilità a uccidere un uomo.
Aspetto Nicole fuori da un outlet e m’immagino ricoperto di ghiaccio in una discarica di materassi.
Ciò che mi ha rovinato sono dritte sbagliate, consigli da offerta speciale
e la scarsa fiducia in me stesso.
Quando le cose andavano di schifo c’era almeno la consapevolezza che peggio non potessero andare, ora c’è la certezza che tanto meglio non può finire.
Spengo l’aria condizionata e immagino di sdraiarmi su un canotto sgonfio.
Aspetto Nicole fuori da un outlet e mi faccio la riga verso destra per pensarmi diverso.
Poco ma sicuro, sono le promesse mantenute a uccidere un uomo onesto.
Aspetto Nicole fuori da un outlet, intorno a me nient’altro che me.
La fuga è tutto ciò che ti rimane quando non hai più il coraggio di fuggire da te stesso.
VORREI ESSERE COME JACK (100x150)
Vorrei essere come Jack
girare per lo spazio fischiettando qua e là
sorridere sempre anche quando non va
più leggero di un palloncino
più forte di Godzilla.
Vorrei essere come Jack
fotografare in pigiama il sole che acceca
avvicinarsi alla luna e farsela amica
più spontaneo di un fiore
più decisivo di un centravanti.
Vorrei essere come Jack
scendere in picchiata sul tetto di casa
superare l'ansia con una bella risata
parlare alla gente e non sentirmi diverso
ma solo qualcuno che ogni tanto s'è perso.
girare per lo spazio fischiettando qua e là
sorridere sempre anche quando non va
più leggero di un palloncino
più forte di Godzilla.
Vorrei essere come Jack
fotografare in pigiama il sole che acceca
avvicinarsi alla luna e farsela amica
più spontaneo di un fiore
più decisivo di un centravanti.
Vorrei essere come Jack
scendere in picchiata sul tetto di casa
superare l'ansia con una bella risata
parlare alla gente e non sentirmi diverso
ma solo qualcuno che ogni tanto s'è perso.
www.pierbo.com
CITAZIONE DELLE 05:31
Tutti vogliono essere felici.
Nessuno vuole soffrire.
Ma tu non puoi avere un arcobaleno
senza avere un pò di pioggia.
Nessuno vuole soffrire.
Ma tu non puoi avere un arcobaleno
senza avere un pò di pioggia.
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